Per salvare i posti di lavoro occorre flessibilità

MOZIONE

Il COVID-19 ha fermato il tempo e purtroppo anche il Cantone, che va rimesso in moto.

A partire da metà marzo 2020 l’emergenza sanitaria ha imposto l’interruzione della maggioranza delle attività economiche ticinesi, per proteggere le fasce più a rischio. Questo fino a fine aprile quando a seguito di timidi allentamenti sono arrivate le prime, seppur parziali aperture. 

Solo nelle prossime settimane e con severi vincoli in materia di igiene e distanza sociale sarà consentito un più marcato riattivarsi di industrie, commerci, ristoranti e alberghi, nonché di musei e attività culturali.

In ambito turistico e commerciale appare chiaro come fino al termine del 2021 la nostra offerta dovrà essere orientata prevalentemente al mercato interno e come quindi riflessioni in grado di garantire ai nostri ospiti condizioni di contesto generali di ampliata e massima fruizione dei servizi potrebbe essere una carta vincente per porsi in piena alternativa alle usuali offerte turistiche soprattutto estive dei paesi a noi vicini. 

Si nota già sin d’ora come la riapertura delle attività economica è complessa. Far rispettare le norme igieniche accresciute e le distanze sociali all’entrata dei negozi di alimentari e do-it crea interminabili code, al punto da dover far intervenire gli agenti di sicurezza, solo per citare gli esempi di queste settimane. Ancor più difficile sarà gestire questa situazione con l’apertura generalizzata e il conseguente afflusso di un numero maggiore di persone.

Organizzare i mezzi pubblici, definire una logistica non solo interna, ma anche nell’area immediatamente esterna sarà un compito complesso per i negozi di ogni genere, per i ristoranti e i bar, per ogni attività commerciale e industriale. Tutto ciò andrà eseguito con precisione riguardo ai movimenti, non solo degli utenti, ma anche ai lavoratori, nella salvaguardia della salute di tutti i Ticinesi.

Siamo inoltre confrontati con delle previsioni economiche difficili. Il consumo interno si contrae, le frontiere sono chiuse, i mercati internazionali difficilmente accessibili e il rischio di recessione è elevato così come dimostrato dalle ultime previsioni SECO sul PIL 2020.

Per evitare che la crisi economica sia più grave di quella sanitaria, occorre che tutti noi facciamo uno sforzo collettivo. Senza la comune volontà di lavoratori, aziende e politica rischiamo il collasso,  con la chiusura e il fallimento di molti esercizi e aziende con grave perdita di posti di lavoro.

Quindi ora più che mai è valido il motto “uniticelafaremo”!

Per gestire le complessità descritte, riteniamo sia necessario permettere una maggiore flessibilità nelle norme di apertura delle attività economiche (Legge sull’apertura dei negozi 945.200) con particolare riferimento agli art. 8, 9, 10, 13 e 16. Come pure nella Legge federale sul lavoro nell’industria, nell’artigianato e nel commercio (822.11) art. 19. 

Chiediamo a tal fine al Consiglio di Stato di valutare e attuare le seguenti nostre proposte, per un lasso temporale limitato (12 mesi o almeno fino a dicembre 2020), e se necessario di attivarsi con il Consiglio Federale affinché sia possibile, in questa situazione di emergenza, derogare alle norme attualmente vigenti.

In concreto si propone al lodevole Consiglio di Stato di:

  • attivarsi presso la Confederazione per modificare le fasce orarie di lavoro in diurno: 6 – 23 e notturno 23 – 6, abolendo il serale; 
  • permettere l’apertura di aziende, negozi e uffici nella fascia diurna (6 – 23) dietro accordo scritto tra le parti (dipendente e datore di lavoro) dando priorità nella scelta dei turni ai genitori con figli di meno di 15 anni o alle persone che debbano accudire gli anziani. Nel rispetto degli orari massimi settimanali previsti nei contratti vigenti. Questo contro impegno dell’azienda a NON prevedere licenziamenti, salvo gravi motivi economici comprovabili. 
  • attivarsi affinché la Seco conceda delle deroghe regolari o periodiche (art. 19 cpv. 4 LL) in tutto il cantone delle deroghe al lavoro domenicale per negozi, ristoranti, bar soprattutto durante il periodo estivo, come già ora viene concesso nei comuni considerati turistici Si dovranno comunque garantire ai lavoratori il rispetto delle ore settimanali e dei giorni liberi come attualmente previsto dai contratti ma articolandoli sui 7 giorni e non su 6.

Cristina Maderni, Per il Gruppo PLR, 18 maggio 2020